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Il contratto psicologico è l’insieme di credenze, obblighi, aspettative emotive, sociali e comportamentali che nascono nella mente del lavoratore e del datore di lavoro e che precedono, accompagnano e seguono un contratto formale, costruendo una serie di aspettative, di regole non scritte, che il lavoratore ha nei confronti della propria azienda ed allo stesso tempo l’azienda ha nei confronti del lavoratore. Il contratto psicologico riguarda la fiducia, il rispetto, lo sviluppo professionale, la sicurezza lavorativa e la percezione di equità.

 

Perché è importante il contratto psicologico?

E’ una componente necessaria in qualsiasi relazione, anche in quella lavorativa: se io mi identifico nei valori della mia azienda e provo un senso di appartenenza, è più probabile che metta in atto comportamenti organizzativi positivi, che mi impegni di più.

 

Quando iniziamo un nuovo lavoro firmiamo un accordo scritto, il contratto giuridico, che definisce nero su bianco i diritti e i doveri delle parti e stabilisce una serie di norme a cui il datore di lavoro da una parte e noi come lavoratori dall’altra dobbiamo attenerci. Contemporaneamente, firmiamo un accordo mentale non scritto tra noi e il datore di lavoro, appunto il contratto psicologico, che ha una natura più fluida e si evolve nel tempo in relazione ai cambiamenti sociali e culturali.

 

Ma perché creiamo mentalmente questo contratto psicologico, molto spesso anche inconsapevolmente? Perché ci aiuta a ridurre l’incertezza e ci dà l’impressione di riuscire ad influenzare il nostro destino all’interno dell’organizzazione.

Alcune aspettative che possiamo avere nei confronti dell’azienda possono essere la possibilità di crescere professionalmente e quindi magari poter usufruire di corsi di aggiornamento, oppure la giustizia nelle procedure di selezione e promozione, la qualità delle relazioni con in superiori e i colleghi, la motivazione professionale. Le aspettative dell’azienda invece possono riguardare la puntualità, la lealtà e onestà o l’aderenza ai valori aziendali.

Ovviamente ce ne possono essere tante altre e possono cambiare nel tempo perché la relazione tra lavoratore e azienda potrebbe cambiare nel tempo, così come avviene con le relazioni interpersonali.

A differenza del contratto formale, giuridico, che è scritto nero su bianco e si basa su diritti e doveri e include l’orario di lavoro, le mansioni e lo stipendio, il contratto psicologico è soggettivo e coinvolge aspetti legati alla sfera emotiva del lavoratore, come la fiducia nella propria organizzazione e il senso di appartenenza.

 

Per comprenderlo meglio, possiamo immaginare il contratto attraverso l’immagine dell’ iceberg, la parte visibile, quella sopra l’acqua è il contratto giuridico, quello che firmiamo, la parte non visibile, quella che sta sott’acqua è il contratto psicologico, con le nostre aspettative riguardo al tempo personale, alla nostra competenza, agli sforzi, alla crescita professionale, aspettandoci in cambio da parte dell’organizzazione promozioni, attività di equilibrio vita-lavoro, flessibilità, benefit, ambienti di lavoro adeguati, formazione, il riconoscimento e così via.

 

Quando percepiamo correttezza, equità, giustizia e lealtà allora proviamo una sensazione di soddisfazione che influisce positivamente sul nostro comportamento lavorativo e l’impegno, e di conseguenza può migliorare la qualità del lavoro, la produttività, potenziare le abilità, progettare e realizzare cambiamenti, migliorare i servizi al cliente e aiutare i dipendenti a bilanciare vita e lavoro.

Quando, però, percepiamo che l’azienda (con azienda mi riferisco al datore di lavoro o i colleghi che creano la cultura e il clima organizzativo in cui lavoriamo), non adempie ai propri obblighi o promesse, vi è la violazione del contratto psicologico ovvero iniziamo a percepire emozioni di delusione, rabbia, tradimento, angoscia, sfiducia a causa della mancanza di risultati attesi, e in alcuni casi può portare anche a disturbi fisici come tensione, ansia, insonnia, depressione, burnout e rigidità dei muscoli e delle articolazioni.

Quando proviamo insoddisfazione lavorativa a seguito della violazione del contratto psicologico, o diamo le dimissioni e usciamo definitivamente dall’organizzazione, o cerchiamo di risolvere il problema attraverso il dialogo, oppure affrontiamo la situazione in modo passivo facendo assenze, ritardi e maggiori errori sul lavoro. Il tipo di risposta che adottiamo dipende dai costi che il licenziamento può avere per noi, sia a livello economico che psicologico, dalla soddisfazione percepita in precedenza alla violazione e dalle alternative lavorative che abbiamo.

A livello organizzativo si nota una crescente insoddisfazione lavorativa, calo dell’impegno, assenteismo e turnover.

 

Tutto ciò si basa sul principio di equità: più è grande la percezione di squilibrio o di discrepanza tra i contributi delle due parti, maggiore darà la percezione di rottura o violazione. Inoltre si è osservato che un dipendente rimane in un’organizzazione più a lungo quando percepisce un equilibrio tra ciò che l’organizzazione fornisce (salario, sicurezza, status, sociale) e ciò che il dipendente dà all’organizzazione (sforzo, esperienza, abilità).

 

L’azienda deve favorire la motivazione, favore la crescita professionale del dipendente, anche attraverso nuove sfide lavorative che possano favorire lo stato di flusso. Lo stato di flusso è un altro costrutto che sta diventando sempre più importante anche nel mondo del lavoro, magari ne parleremo in un altro episodio.

 

Personalmente, trovo il concetto del contratto psicologico estremamente interessante perché nei colloqui di valutazione del personale è una componente che emerge tantissimo, sia nel lato positivo che negativo.

 

Fonti:
Argentero, P. & Cortese, C.G. (2021) Psicologia delle risorse umane. Raffaello Cortina Editore, Milano.
Atkinson, C. (2007). Trust and the psychological contract”, Employee Relations, 29, 3, pp. 227-246.
Costa, S., Neves, P. (2017), “Job insecurity and work outcomes: the role of psychological contract breach and positive psychological capital”. Work & Stress, 31, 4, pp.375-394
Rousseau, D.M., (1989), “Psychological and implied contract in organizations.” Employee Rights and Responsibilities Journal, 2, pp.121-139.
Sarchielli, G. (2008), Psicologia del lavoro. Il Mulino, Bologna.