Nella nostra società c’è la convinzione che l’io ideale sia estroverso, ovvero che dovremmo essere tutti carismatici e con la tendenza all’azione.
Infatti una persona estroversa viene descritta come socialmente attiva, allegra. Al contrario una persona introversa viene solitamente definita, erroneamente, timida e asociale.
Essere introversi non significa essere timidi.
Con il termine timidezza si indica una difficoltà ad incontrare altre persone. Si ha il timore del giudizio negativo da parte dell’altro.
Introversione, invece, significa trovare soddisfazione nel proprio mondo interiore, essere più attratti dalle emozioni e dai pensieri che dai fatti, ricercare tranquillità per ricaricare le proprie energie.
Il primo ad utilizzare questi termini è stato Jung nel 1921, che nel suo saggio Tipi psicologici sostiene che introversione ed estroversione fanno parte di un continuum dove ogni individuo può collocarsi. Immaginiamo un segmento dove alle estremità c’è introversione e nell’altra estroversione. Ogni persona può collocarsi in qualsiasi punto all’interno di questo spazio in base a determinate caratteristiche e la tendenza centrale viene definita ambiversione.
In particolare, una persona viene definita estroversa quando è attratta dal mondo esterno, dalle persone e trae energia dalle relazioni sociali, infatti tende ad intrattenere relazioni con un numero elevato di persone.
Al contrario, una persona introversa trova soddisfazione nel proprio mondo interiore, è più attratta dalle emozioni e dai pensieri che dai fatti, di conseguenza tenderà ad evitare situazioni sovrastimolanti che abbasserebbero le sue energie.
Queste differenze comportamentali sono legate a differenze a livello cerebrale.
Ci tengo a precisare che non esiste un tipo di personalità migliore dell’altra, ma essere a conoscenza di queste differenze può aiutare nell’autoconsapevolezza e nella comprensione degli altri.
Corteccia prefrontale
Una prima differenza si trova a livello della corteccia prefrontale, che è l’area del cervello responsabile di funzioni come il pensiero astratto, la pianificazione, il processo decisionale, la capacità di attenzione e la focalizzazione.
Il neuroscienziato Buckner, studiando le differenze tra la struttura cerebrale degli introversi e quella degli estroversi, scoprì che gli introversi avevano una materia grigia più spessa in alcune aree della corteccia prefrontale e questo favorirebbe la loro tendenza al pensiero astratto, all’introspezione e alla pianificazione.
Flusso sanguigno cerebrale
Altri studiosi presero in considerazione il flusso sanguigno cerebrale per analizzare le correlazioni con introversione/estroversione.
Osservarono che l’introversione era associata con un incremento del flusso sanguigno nei lobi frontali e nel talamo anteriore, collegati alla natura introspettiva e a attività cerebrali quali pensare, organizzare e ricordare.
Mentre l’estroversione era correlata con un aumento del flusso sanguigno nel giro cingolato anteriore, nella corteccia insulare posteriore, nei lobi temporali e nel talamo posteriore ed evidenzia la preferenza di questi individui per stimoli emotivi e sensoriali.
Dopamina
Infine, è stata presa in considerazione la dopamina, importante nel sistema della ricompensa che ha il compito di spronare l’individuo verso qualsiasi potenziale fonte di soddisfazione.
Molti ricercatori supportano l’ipotesi secondo cui ci sarebbe un’associazione tra il tratta della personalità e il funzionamento del sistema della dopamina.
In particolare gli estroversi hanno alti livelli di sensibilità alla dopamina, che li porta a desiderarla e cercarla attraverso attività sociali, mentre gli introversi hanno livelli bassi di eccitazione corticale, che li porta a cercare tranquillità per evitare di sentirsi sopraffatti
Fishman e colleghi, nel 2011 hanno sottoposto persone estroverse ed introversi alla visione di immagini di persone e oggetti registrando l’attività elettrica del loro cervello attraverso un elettroencefalogramma valutando l’attività P300.
Questa attività di 300 millisecondi, si verifica quando l’individuo avverte un cambiamento improvviso nell’ambiente circostante.
Attraverso questo studio hanno osservato che i cervelli degli estroversi e degli introversi rispondevano alle immagini in modo differente. I primi mostravano una maggiore reazione P300 ai volti umani. I secondi manifestavano reazioni P300 simili ai volti umani e agli oggetti.
Questi risultati potrebbero spiegare perché gli estroversi danno più importanza o sono più attratti dalle persone rispetto agli introversi.
Dai vari studi emerge che introversi ed estroversi si relazionano all’ambiente ed agli eventi in modo diverso a causa di differenze neuropsicologiche.
Queste differenze portano gli individui ad adattarsi e rispondere agli eventi nel miglior modo possibile.
Ho notato che soprattutto nelle scuole, alcuni insegnanti tendono a vedere l’alunno/a introverso come problematico, spesso viene detto “dovresti aprirti di più, sei silenzioso” che genera frustrazione, sensi di colpa e rende l’esperienza scolastica negativa.
C’è ancora tanto da fare, ma iniziare a parlarne è un primo passo per aumentare la consapevolezza.
E per concludere, riprendo la citazione che ho inserito all’inizio della mia tesi:
La nostra cultura ha fatto della vita da estroversi l’unica virtù. A forza di scoraggiare il viaggio interiore e la ricerca di un centro, abbiamo finito per perderlo, il nostro centro. E ora dobbiamo metterci di nuovo a cercarlo. Anaïs Nin